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Il mercato delle abilitazioni all’insegnamento

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La legge 29 giugno 2022, n. 79, seguita dal decreto attuativo (DPCM 4 agosto 2023), ha ridisegnato il percorso per diventare docenti.  Per conseguire l’abilitazione all’insegnamento, che permetterà poi di partecipare al concorso, è necessario seguire un percorso abilitante di almeno 60 CFU (il CFU, Credito Formativo Universitario, indica un carico di lavoro per lo studente quantificabile in termini di ore), comprendente insegnamenti disciplinari e pedagogico-didattici, un tirocinio diretto nelle scuole e un tirocinio indiretto sotto la guida di un tutor coordinatore universitario.

È un percorso che ha luci ed ombre, sul quale sarà il caso di tornare. Ma bisogna intanto denunciarne un aspetto inaccettabile. L’articolo 12 del decreto attuativo stabilisce che: “I costi massimi, pari a euro 2.500, di iscrizione ai percorsi di formazione iniziale, corrispondenti a non meno di sessanta CFU o CFA, sono posti a carico dei partecipanti”. In sostanza il governo ha pensato un percorso abilitante e ha caricato tutti gli oneri economici sulle spalle degli aspiranti docenti, costretti a pagare fino a 2.500 euro per acquisire il diritto di partecipare a un concorso.

È evidente che si tratta di una richiesta in aperto contrasto con lo spirito, ma forse anche con la lettera, dell’articolo 34 della Costituzione, che stabilisce che “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Non si può escludere che vi siano degli aspiranti insegnanti, capaci e meritevoli, che non siano nelle condizioni economiche per affrontare il costo di un percorso abilitante, soprattutto se si considera che molti giovani hanno una vita fatta di lavori precari e spese crescenti per affitti e costo della vita. Un percorso, quello abilitante, che è di pratica, ma anche di studio, e che essendo post-universitario sembra rientrare pienamente nei “gradi più alti degli studi”.

Quanto agli altri, quelli che i soldi li hanno, non è difficile prevedere l’effetto di una simile richiesta economica sulla motivazione e l’atteggiamento verso il percorso. Si provi a immaginare che succederebbe se uno studente della scuola superiore, ad esempio, dovesse pagare una somma simile per un anno scolastico. Con quale spirito si porrebbe nei confronti della scuola e dei docenti? In che modo reagirebbe a un’insufficienza o peggio a una bocciatura? Rivendicherebbe, con ogni probabilità, la promozione indipendentemente dall’impegno, quasi fosse un diritto acquisito con lo sforzo economico compiuto per accedere alla scuola. E forse non avrebbe tutti i torti. È quello che rischia di accadere nel percorso abilitante, che può essere percepito, più che come importante momento formativo, come una incomprensibile gabella alla quale non è il caso di aggiungere un particolare impegno personale. Peraltro, una gabella richiesta per accedere a una professione malpagata. Nel rapporto 2022 Education at a Glance dell’OECD si legge: “Tra il 2015 e il 2021, in media nei Paesi dell’OCSE, gli stipendi tabellari degli insegnanti del livello secondario inferiore (programmi a indirizzo generale) con 15 anni di esperienza e le qualifiche più diffuse sono aumentati del 6% in termini reali. In Italia, l’aumento degli stipendi è stato pari all’1%, un valore inferiore alla media dell’OCSE”. Non  proprio una professione remunerativa; e le cose vanno perfino peggio se si considera il prestigio sociale. Non si comprende peraltro perché questo trattamento dovrebbe essere riservato solo ai docenti e non ad altre figure, meglio remunerate a parità di titolo di studio, della pubblica amministrazione.

Poiché è possibile frequentare il percorso abilitante anche presso Università private e telematiche, che sembrano essersi moltiplicate negli ultimi tempi, è sorto un vero e proprio mercato delle abilitazioni, con pubblicità sui social network particolarmente aggressive. Ed è istruttivo leggere i commenti a questi post pubblicitari: centinaia di richieste di informazioni da parte di aspiranti docenti, a riprova che il mercato è ben vivo (tutte le informazioni vengono date rigorosamente in privato); ogni tanto un commento critico, accolto dagli altri con apatia o rassegnazione. Una generazione di aspiranti docenti che abbiamo trasformato in concorrenti di un assurdo, vergognoso, schifoso Squid Game, in cui a vincere è il più cinico, il più spregiudicato o il più fortunato. Non certo il più meritevole. Non è difficile immaginare le conseguenze future per la scuola del merito e per il Paese tutto.

Pubblicato su “Gli Stati Generali” il 10 dicembre 2014.


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