Skip to content

L'educazione affettiva

Modifica

Uno degli errori più gravi che facciamo, in campo educativo, è quello di pensare l’educazione secondo il modello verticale: l’adulto educa il bambino e poi l’adolescente. Funziona così solo in parte. I bambini imparano dagli adulti, ma imparano anche dagli altri bambini. E man mano che crescono, il loro riferimento diventa sempre più il cosiddetto gruppo dei pari. Dalla pradolescenza in poi, in campi cruciali – abbigliamento, identità, stile di vita, modo di vivere gli affetti e la sessualità – gli adulti diventano poco significativi, mentre decisivo è il rapporto con i pari. Lo sa bene – se ne accorge dolorosamente – chiunque abbia un figlio di quella età. Per questo pensare di educare gli adolescenti all’affettività è una pia intenzione, se consideriamo l’educazione come un adulto che parla a un adolescente.

Quello che possiamo e dobbiamo fare, nelle nostre scuole, è aprire spazi per l’autoanalisi, momenti in cui la circolazione apparentemente irresistibile di stili di comportamento e modelli di vita trovi l’attrito di una domanda e di un reciproco interrogarsi. È l’unica forma di educazione affettiva che riesco a immaginare: ragazzi che, con la presenza di un adulto che si limita e interrogare e a far circolare la parola, discutono di come stanno vivendo la loro vita. Senza prediche e senza moralismi.

E a dire il vero servirebbe anche agli adulti.


Modifica
Diffondi il verbo! (Se sei su X, arrangiati.)

Post precedente
Dito c'è
Post seguente
Quel silenzio di papa Francesco sul crimine più grave della Chiesa