Sul suo blog Raffaele Ascheri ha replicato al mio articolo a proposito dell’occupazione del “Piccolomini”. Tre quarti di quello che scrive sono un tentativo di mettermi in ridicolo. Piuttosto goffo, a dire il vero: dopo avermi etichettato come “un mix di Gandhi e Platone” - ho scritto due libri di critica di Gandhi e detesto Platone - accusa me di etichettare lui perché non so che, bontà sua, è “decisamente critico verso il Governo Netanyahu”. E non manca di fare ironia sul mio cognome: una cosa di cui credevo - speravo - di essermi liberato con la fine della scuola elementare.
Non lo seguirò, naturalmente, su questo campo: abbiamo tutti modi migliori di impiegare il nostro tempo.
Ma Ascheri non si limita alla ridicolizzazione:
Siccome comunque mi sono convinto che il Vigilante sia uno che merita senz’altro molto più della “camera dell’eco”, quantitativamente non enorme, in cui passano i suoi augusti e soprattutto documentatissimi scritti, da queste colonne mi permetto – anche per poterlo conoscere de visu – di invitarlo ad un confronto pubblico, pluralista, aperto a tutti.
Mi invita dunque a parlarne nella “bellissima Sala storica” della Biblioteca degli Intronati, “altrimenti si rischia di restare solo capaci di criticare con i polpastrelli, senza metterci la faccia”.
Una osservazione, prima di rispondere all’invito. Ho sempre trovato insopportabile la retorica del “metterci la faccia”. Quando scrivo un articolo, e lo firmo con il mio nome, mi assumo pienamente la responsabilità di quello che dico, e la stessa cosa avviene quando scrivo un post su un social network. Cerco di presentare i miei argomenti nel modo più chiaro possibile e di evitare fallacie logiche; e mi sforzo, anche, di seguire il principio dell’onestà intellettuale. Questo è quello che offro ai miei cinque lettori. I polpastrelli, che ad Ascheri sembrano ben poca cosa, sono in realtà un veicolo del nostro pensiero non meno della lingua. Se così non fosse, dovremmo smetterla tutti di scrivere libri e articoli, e andarcene in giro a mostrare la nostra bella faccia. Che a dire il vero è un po’ quello che sta succedendo. Ma non sono sicuro che sia un bene.
Vengo all’invito. Una frase come “un confronto pubblico, pluralista, aperto a tutti” è musica per le mie orecchie. Non chiedo di meglio. Faccio però una controproposta sul tema. Mi pare di capire che Ascheri voglia confrontarsi sulla Palestina. Che si può fare, ci mancherebbe. Non so con quanta utilità: è una partita di cui si conoscono già tutte le mosse e per i più si tratta di stare da una parte o dall’altra; e su questo Montanari è senz’altro più preparato di me1. Un tema urgente mi sembra, dopo l’occupazione, quello della scuola, che è anche il tema reale del mio articolo cui Ascheri ha replicato. Ho letto sui social network, nei giorni dell’occupazione, commenti spesso atroci per la violenza e il disprezzo nei confronti degli studenti. Commenti particolarmente deprimenti perché contemporaneamente ascoltavo gli studenti dell’Artistico occupato, con la loro richiesta di una scuola diversa. Credo che questa sia una cosa importante di cui discutere. Che scuola vogliamo? Che cosa ci aspettiamo che accada in un’aula scolastica? E a che serve, in definitiva, la scuola? Ho su questi temi le mie idee, come le avrà, immagino, Ascheri. Ma soprattutto è importante aprire uno spazio di confronto perché a esprimersi siano gli altri. A partire da studenti, genitori, insegnanti.
Footnotes
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Ascheri mi attribuisce una predilezione per Tomaso Montanari (“lui preferisce il Tomaso nazionale”) che, come altre cose, è tutta nella sua fantasia. Apprezzo Montanari come intellettuale, ma trovo politicamente inaccettabile la sua posizione sull’Ucraina. ↩