Tag: commentarium
Tutti gli articoli con il tag "commentarium".
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Sub specie absurditatis
Siamo stati domenica con Ermes all'acquario di Livorno. Non ero mai stato in un acquario: mi ha sempre trattenuto il disgusto per quella vita così contenuta, così _al servizio del nostro sguardo_. Ma è prevalsa la tentazione di mostrare a nostro figlio forme di vita che ha incontrato solo nei libri cartonati per la prima infanzia...
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25 marzo 2025
Passeggiando con Mirò nei campi qui intorno, fischiettavo chissà perché Todo cambia di Mercedes Sosa. E per associazione di idee m'è capitato di pensare a Vittorio Sgarbi e alla sua depressione. E all'ultimo libro delle Metamorfosi di Ovidio...
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03 marzo 2025
Si sveglia. Piange. Come sempre: l'assenza della mamma, la fatica di riacquistare l'io. Ma si quieta in un attimo. Lo vedo strisciare nel mio studio. "Sono un serpente!", annuncia. Prendo un cucchiaio di plastica che ha lasciato ieri sulla mia scrivania e decido di usarlo come bacchetta magica. "Ora sei un cane!" Non funziona: resta serpente...
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Agostino
Agostino era operaio presso una piccola azienda che si occupava di idrocarburi. Il suo padrone - così lo chiamava, così era - era impegnato in politica, per metterla su un piano nobile. Consigliere comunale del Movimento Sociale. Ebbe un brutto quarto d'ora quando a qualcuno venne la bizzarra idea di indagarlo per l'assassinio del direttore dell'Ufficio del Registro, Franco Marcone. Fu scagionato....
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16 marzo, lunedì
Cercando aria, luce e colori, mi sono spinto questa mattina con il mio cane per i colli senesi, sui quali la primavera, indifferente alla nostra angoscia, sta cominciando a celebrare la sua festa. Nessuno per strada; solo, di là dai cancelli, due uomini impegnati nella potatura degli ulivi. "Taglia più in basso, lì" le uniche parole sentite. Per il resto il silenzio morbido e gentile dei colli. E i rospi.
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27 giugno, martedì
Gli atti vitali sono terribili. Mangiare, uccidere, scopare. Ma il più terribile di tutti è dormire. Ora ci sono, ora non ci sono più.
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24 giugno, sabato
Penseremmo di avere un corpo, se il nostro corpo scomparisse nel nulla per sette, otto, nove ore al giorno? Penseremmo addirittura di essere un corpo?
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20 giugno, martedì
Mi siedo a gambe incrociate sul trifoglio, chiudo gli occhi per meditare, ma giusto qualche minuto, poi smetto perché ho voglia di guardare il prato e gli alberi e l'asino e le capre. Un'ape, poi un'altra, poi un'altra ancora, sui fiori di trifoglio.
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8 marzo, mercoledì
Per qualche ora ho provato a rientrare in Facebook. Nel giro di pochi minuti sono stato risucchiato in un vortice di imbecillità . Mi è finita sotto mano la foto di Capitini alla marcia della pace, con il cartello "Unità con tutti per sempre". No, Aldo. Il tuo paradiso è il mio inferno...
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25 agosto, giovedì
Siedo sul balcone. Davanti ho la valle, di là dalla valle il paese. Quasi tutte le case sono spente, qualcuna ancora s'aggrappa all'ultima luce. Non un solo cane abbaia, nulla parla. Dietro le case il cielo. Due stelle verticali, una rosseggia, l'altra è fredda. Altre stelle sparse a caso. Respirano, ansimano. Mentre la cagna che vive con noi raspava nei cespugli, prima, ho pensato a me vecchio.
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1 gennaio, venerdì
Il primo obiettivo del 2016 era raggiungere piazza del campo in tempo per la mezzanotte. Ci siamo fatti di corsa via Camollia e via Banchi di sopra, con una bottiglia di spumante e due bicchieri. Meno cinque, quattro, tre. L'uno è arrivato che eravamo a palazzo Tolomei. Niente. Siamo riusciti a mettere piede a piazza del campo che il 2016 era già vecchio di tre o quattro minuti. La piazza era gremita come nel giorno del palio, e sul palco un gruppo pugliese suonava la tarantella. La tarantella: quella musica che è bella per un minuto, due minuti: e poi induce stati di coscienza alterata. Fortunatamente dopo un po' hanno smesso: trovarmi in una folla di persone in stato di coscienza alterata è uno dei miei incubi (trovarmi in una folla in generale, a dire il vero).
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3 gennaio, sabato
Normale: che qualcuno rivolga la parola ad un estraneo solo per usarlo; questo, nella nostra società , è normale. Rivolgere la parola ad un estraneo solo per parlare con lui, senza alcun altro fine, penso, sarebbe una cosa davvero rivoluzionaria. Chiedere della sciarpa, e dei figli, e di tutto quanto il resto, solo per conoscere, per stringere legami, per gettare ponti oltre le mura del nostro io.Ma, ecco, se lo facessimo, pure useremmo l'altro: ci servirebbe per fare la rivoluzione. E il mondo torna a sembrarmi un groviglio, mentre salto giù dall'autobus e mi avvio verso casa.